[Original Story] 1. Mutant

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~ m i n a g i .
CAT_IMG Posted on 6/10/2013, 15:50     +1   -1




1. MUTANT

All'inizio avevo cominciato a scrivere questa storiella per pura ispirazione, ma alla fine mi è piaciuta e quindi ho deciso di andare avanti. E' scritto in uno stile meno riflessivo e più attivo delle altre che ho postato finora, perchè non è una storia breve ma è la prima parte del prologo, in cui vengono presentati i personaggi protagonisti della vicenda. Ogni capitolo sarà raccontato in prima persona da uno diverso di loro.
Hope you engiòi c:



-Corri, dannazione, CORRI!
-E che sto facendo secondo te, sto preparando il presepe???
Quei bastardi ci stanno sparando a raffica, non è certo il momento di mettersi a litigare, ma non posso evitarlo. Mi fa andare letteralmente fuori dai gangheri.
Giro il manubrio della Harley Davidson e la marmitta quasi esplode dal casino che fa. Una fumata nera avvolge i nostri inseguitori e io scatto in avanti come una scheggia. Ah ah, non potete competere con la potenza del mio mostro, gli grido dietro.
Giovanni è davanti a me: curvo il manubrio a sinistra e lo sorpasso, alzando il dito medio nel breve istante in cui i nostri sguardi si incrociano.
Lo sento ridere, nonostante il fracasso delle nostre poderose custom.
Quelli ci tengono dietro: la loro auto bianca e blu, a sirene spiegate, accelera e ci è di nuovo alle calcagna, dribblando come un razzo taxi-lumaca, vecchietti sulla vespa e madri con carrozzine. Tutto sembrano fuorchè poliziotti, ma ormai qua la differenza tra criminali e giustizieri è sempre più sfocata, fino quasi a diventare invisibile.
-Accostate, o saremo costretti ad aprire il fuoco!- ci sbraitano nel megafono.
Oh oh, che paura.
Faccio un cenno a Giovanni, e scatto ancora più avanti. Le mie gambe, premute contro i fianchi della moto, stanno diventando bollenti. Ho scelto proprio il giorno sbagliato per mettere i pantaloni neri di pelle.
Non vedo quello che fa Giovanni, ma lo immagino con l'occhio della mente, l'ho già visto farlo un sacco di volte. Ecco, stacca entrambi le mani dal manubrio... le porta alla cintura... estrae le sue Beretta 92 e senza nemmeno guardare le punta indietro.
RATATATATATATAT... ecco la scarica di proiettili tanto familiare, accompagnata da una sinfonia di pneumatici bucati e da un'esplosione.
Game over, policemen.
Giovanni accelera e si porta di fianco a me, un sorrisetto strafottente sulle labbra. I lunghi capelli castano-rossi che sbucano dal casco, sventolando dietro di lui come un Jolly Roger. Attraverso i goggles non riesco a vedere i suoi occhi, ma già so che genere di sguardo mi stanno rivolgendo.
-Esibizionista-gli dico.
-I gran fichi devono sempre dimostrare una volta in più di esserlo-mi risponde lui, con lo stesso tono in cui mi direbbe “vai a fare la spesa”.
Non lo sopporto, non lo sopporto!
Do ancora gas, sottoponendo il mio mostro ad un ennesimo sforzo. Tutto pur di non vedere la sua faccia con quell'espressione.
Bang bang bang.
Al terzo bang che sento, un dolore lancinante mi attraversa la spalla. Non riesco a tenere saldo il manubrio, e la Harley va a sbattere addosso al guard-rail. La mia gamba destra ci rimane incastrata dietro, e crollo con tutto il mio peso addosso al cadavere della mia moto.
Ahia.
Ovunque vedo tutto blu.
Macchie sfocate, che sembrano passare attraverso il sangue che mi sgorga dal buco che ho sulla spalla. Sudori freddi mi corrono lungo la schiena, e gli occhi mi si chiudono, come se avessi le palpebre di piombo. Tossisco, e mi bruciano tutti i polmoni.
Sento qualcuno che si ferma davanti a me, e all'improvviso la moto viene spostata e io cado per terra. La gamba mi fa un male cane, devo essermela rotta.
Un braccio passa sotto il mio e mi rialza. Ormai non riesco a tenermi in piedi, e mi ci appoggio con tutte le mie forze. Stringo con forza la giacca sopra alla mia ferita, ma il sangue continua ad uscire a fiotti.
-Forza C, rialzati! Svelta!
Giovanni.
-Credi... che se potessi farlo... non sarei già distante mille miglia...?
Tossisco, e macchio di sangue la giacca di Giovanni. Lo sento che passa le mani sotto le mie gambe e mi solleva sulla sua schiena.
-Pervertito-gli dico, prima di svenire.



Quando riapro gli occhi sento puzza di benzina, fish & chips e sigarette marca Camel.
Il nostro rifugio. Lo potrei riconoscere anche solo a naso, ormai.
Non ci vedo ancora bene, ho gli occhi offuscati.
Tento di puntare i gomiti e rialzarmi in piedi, ma una fitta alla spalla e alla gamba mi blocca. Ci riprovo: stesso risultato. E ancora.
E ancora.
E ancora.
-Faresti meglio a stare ferma e buona, C, se non vuoi peggiorare le cose.
La voce acida di Giovanni mi arriva dall'altra stanza. Se stanza si può chiamare, l'ultimo piano di un grattacielo in cemento che sta cadendo letteralmente a pezzi ed è già un miracolo se regge il nostro peso.
Mi guardo attorno. Un lenzuolo lacero mi copre dalla vita in giù, così non posso vedere com'è ridotta la gamba destra. Il sacco nero della spazzatura è posato a pochi metri da me, sulla mia sinistra. Buona parte delle card da mille crediti sono sparse sul pavimento a raccogliere polvere e umidità. Provo ad allungare la mano, ma non ci riesco.
Il proiettile è ancora piantato nella spalla, riesco a sentirlo. Il freddo metallo contro le fibre dei miei muscoli creati in laboratorio.
Non ho più la giacca né gli stivali. La leggera maglietta che ho mi permette di respirare meglio, ma non riesco comunque a prendere fiato profondamente.
-La mia moto?-chiedo a Giovanni.
-Fottuta-mi risponde lui-e ritieniti fortunata a non essere finita allo stesso modo. Erano tutti vivi, gli sbirri, ci hanno sparato addosso alla diavolona. Ce l'abbiamo fatta per un pelo.
Lo vedo venire verso di me. Ha i capelli spettinati, legati alla bell'e meglio con un pezzo di spago che gli è scivolato fino quasi alle punte. Si è tolto la giacca, ma il mio sangue color inchiostro è filtrato attraverso la giacca macchiandogli anche la canottiera bianca.
Ha in mano un coltellino svizzero arroventato sul fornello, una tazza di latta piena d'acqua e uno straccio bianco. Si inginocchia di fianco a me e stende lo straccio vicino alla mia spalla.
Osserva la punta del coltello, poi la immerge nell'acqua. Uno sfrigolio e una nuvola di vapore si alza dalla tazza.
-Questo farà un male cane, ti avviso.-dice lui, ridacchiando.
-Ah ah, che spiritoso-gli rispondo, tirando indietro le mie orecchie da cane lupo e digrignando i denti acuminati.
Come non lo sopporto.
-Voi mutanti sopportate il dolore in modo diverso, non posso conoscere in anticipo come reagiranno i tuoi tessuti.
-Datti una mossa e tiralo fuori, o stai aspettando che cresce l'erba?-sbotto.
Giovanni fa spallucce e prende un lembo della mia maglietta per togliermela. Gli scosto la mano, e con le unghie strappo la manica sinistra della maglietta, gettandola lontano.
Giovanni trattiene una risatina sarcastica, e avvicina il coltello.
-E' proprio un bel buco.
-A me non piace per niente-gli rispondo, acida. Stringo i denti.
Il coltellino affonda nella ferita, e Giovanni lo rigira in cerca del proiettile. Il dolore è più forte di quello che pensavo: stringo i denti ancora più forte, ma non serve a niente. Delle lacrime mi scorrono dagli occhi.
D'improvviso, eccolo che arriva. L'istinto ad attaccare chiunque mi provochi dolore.
Non riesco a trattenermi. Apro la bocca e affondo i denti nel polso di Giovanni.
In profondità.
Lui non si muove. Una smorfia di dolore appare sulla sua faccia, ma continua imperterrito a frugare nella mia ferita con la lama del coltello.
Affondo ancora i denti. Il rosso sangue caldo di Giovanni mi scorre in bocca, mi macchia la maglietta, mi si riversa in gola. Quel gusto che avevo volontariamente dimenticato, ma che per quanti sforzi faccia non riesco a non farmi piacere.
Il gusto del sangue.
Giovanni infila le dita nella mia ferita, provocandomi un'altra ondata di dolore lancinante. Stringo gli occhi così tanto che mi sembra di averli serrati con la colla, e mordo ancora. La sua mano si sottrae al mio morso e l'altra, tutta blu del mio sangue sintetico, stringe tra indice e medio la pallottola che mi ha perforato la spalla.
-Bingo-dice, quasi ridendo, e si fascia il polso tutto sanguinante con la manica strappata della mia maglietta. L'unico pezzo di stoffa non impregnato di sangue rimasto.
Sputo il sangue di Giovanni, e poso la testa sul pavimento. Respiro a fatica, come se avessi un nodo alla gola.
E in effetti ce l'ho.
-Dannazione a te... p-perchè l'hai fatto...? Sapevi che sarebbe successo... avrei potuto ucciderti a morsi, te lo sei dimenticato?
Sono arrabbiata con lui. Arrabbiatissima. Lo ucciderei adesso, a morsi.
Giovanni volta la testa verso di me, senza alcuna espressione.
Alza un lembo della canottiera, e mostra la cicatrice di un morso feroce sul fianco.
-Come potrei dimenticarlo, C? E' stato ciò che ci ha fatto incontrare.
Che parole strane, dette dalla sua voce.
Indica il mio viso.
-Hai pianto.
Con il braccio buono mi asciugo le lacrime dal viso, quasi per evitare che Giovanni le veda un secondo di più. Non voglio che mi consideri una cagasotto.
Tutto il tempo che abbiamo passato assieme mi è sembrato insopportabile. Lui, con quel suo fare da figo, da guerrigliero che ne ha viste tante, e invece è solo un ladruncolo da quattro soldi con il quale sono finita a lavorare per caso.
-Mi hai fatto prendere un bello spavento.-mi dice lui, voltandosi di nuovo e dandomi le spalle mentre si sciacqua la ferita nel lavello consunto.
-Certo, come no... sono solo la tua complice nei tuoi furti da quattro soldi, e sappi che non ti aiuto certo perchè mi ispiri simpatia, ma per la mia parte di grana, e so che tu fai lo stesso! Perciò non provare a farmi credere che ti preoccupi per me!
Ho gridato con singolare ferocia. Mi sono sfogata in tutto e per tutto.
Giovanni si volta di scatto, un'espressione estremamente incavolata stampata in faccia. Per la prima volta mi viene il dubbio di avere esagerato.
-E invece sì che mi preoccupo-mi risponde aspro. Di scatto si inginocchia di nuovo vicino a me e mi afferra il mento con due dita. Io ringhio.
Giovanni preme le sue labbra sulle mie.
E in quel momento non capisco più niente.
Abbasso le orecchie e chiudo gli occhi.
La mia lingua avverte la sua nella mia bocca.
Gli restituisco di nuovo quel sangue che era suo di diritto.
Quell'istante mi sembra durare secoli.
Quando Giovanni si separa da me, il mio viso si avvicina istintivamente di nuovo al suo. Ma poi riapro gli occhi e mi allontano anch'io.
-Sapeva di sangue-mi dice lui, a mezza voce. Solo ora mi rendo conto del suo sguardo, di quello vero, che ha sempre coperto dietro una coltre di sfacciataggine: una tristezza infinita, una sofferenza che non avrà mai fine.
Questo vedo, nei suoi occhi.
-Ti... ti odio, Giovanni.-riesco a dirgli, in un sussurro.
 
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